Formazione in Yoga Terapia: un cammino di trasformazione
Ecco l’intervista a Sonia Manfra, fondatrice di Yoga Ticino, fatta dalla testata giornalistica altrostile.net
Sommario
In un mondo che corre, che spesso dimentica l’ascolto e la lentezza, ci sono persone che scelgono di dedicare la propria vita a coltivare presenza, cura e verità. Una di queste è Sonia Manfra, fondatrice di Yoga Ticino e della sua Formazione in Yoga Terapia con integrazione ayurvedica. In questa intervista ha racconta come lo yoga e l’ayurveda siano diventati non solo strumenti di benessere, ma un vero cammino di trasformazione, e spiega l’importanza della formazione triennale.
Quando hai capito, nella tua vita, che lo yoga e l’ayurveda non erano solo strumenti di benessere, ma una via per vivere con più verità, più radicamento e più amore?
Lo yoga è stato per me un amore a prima vista. Ma è stato durante la mia prima formazione con la Maestra Gabriella Cella che ho compreso davvero la profondità di questo percorso. Da allora non ho più vissuto lo yoga come semplice pratica, ma come un modo di guardare e vivere il mondo con più autenticità. L’Ayurveda è arrivato in modo naturale, con l’ascolto del corpo e dei suoi ritmi. L’unione delle due discipline mi ha portata a uno stile di vita fondato su consapevolezza, equilibrio e amore.
Molti cercano una professione, ma pochi trovano una vocazione. Cosa accade quando la formazione diventa anche risveglio personale?
Accade che smette di essere solo acquisizione di tecniche e contenuti, e diventa esperienza trasformativa. Non si tratta più di imparare a guidare una lezione, ma di incontrare la propria verità, con le fragilità e le risorse che ci abitano. Chi entra in formazione con l’idea di diventare insegnante, spesso esce con un risveglio personale. La vocazione, infatti, non è qualcosa da cercare: si svela da sola, quando si lascia spazio alla trasformazione.
Nel cuore della tua accademia, qual è il seme che pianti in ogni persona?
Il seme è la fiducia. Fiducia nel corpo, nell’intuizione, nel proprio cammino. All’inizio molti arrivano con aspettative e paure. Alla fine, invece, li vedo restituirsi a sé stessi, con uno sguardo più luminoso e presente. Quel fiore che sboccia nei loro occhi è la consapevolezza, ed è lì che capisco che il percorso ha avuto senso.
Perché proprio oggi, in Svizzera e in Ticino, yoga terapia e ayurveda sono così urgenti?
Viviamo in una società che misura tutto con produttività ed efficienza. Ma questa corsa sta creando malessere profondo. Yoga terapia e Ayurveda rispondono in modo concreto, portando salute e prevenzione, strumenti di ascolto e riequilibrio. Qui in Svizzera e in Ticino c’è grande apertura verso approcci complementari, purché seri e fondati. E credo che questo sia il tempo giusto per radicare pratiche millenarie in un contesto terapeutico e contemporaneo.
Hai già accompagnato tante persone. Quale storia ti ha più commossa?
Una delle prime allieve mi ha detto: “Non ho solo imparato, mi sono ritrovata.” Una frase che mi ha commossa, perché racchiude il senso più profondo della formazione. Un’altra, inizialmente molto chiusa, ha trovato il coraggio di affrontare un dialogo rimasto sospeso da anni: ora si sente più leggera e libera. Queste trasformazioni intime, spesso invisibili dall’esterno, sono le conferme più grandi che questo è davvero il mio posto.
Che cosa significa per te “diventare terapeuta”?
Non è un titolo, né un ruolo. È un percorso di maturazione interiore. Essere terapeuta significa saper stare accanto, con umiltà, senza voler “aggiustare” l’altro, ma creando lo spazio perché possa ritrovarsi. Significa coltivare presenza, coerenza e una pratica personale costante. Solo così può nascere una relazione terapeutica che non invade, ma trasforma.
Quali strumenti porta via con sé un allievo, anche a distanza di anni?
Di pratico: competenze di yoga terapia, basi di ayurveda, tecniche di respiro e osservazione, capacità di adattare una lezione. Ma ciò che resta davvero è molto più sottile: un modo diverso di abitare il corpo, di ascoltarsi, di vivere le relazioni. È una bussola interiore che continua a orientare anche dopo la fine del percorso.
Molti esitano per paura di “non essere pronti”. Cosa diresti a chi sente una voce dentro?
Direi che quella paura è naturale, e spesso è segno che il processo è già iniziato. Nessuno è mai perfettamente pronto: lo si diventa camminando. La voce interiore non chiede perfezione, chiede ascolto. Se c’è un richiamo, bisogna avere il coraggio di compiere il primo passo. Non serve essere “abbastanza”, serve essere disposti. E in quello spazio ognuno trova il suo modo di fiorire.
Come si intrecciano Ayurveda e vita quotidiana?
L’Ayurveda non è una scienza del passato, ma del presente. È pratica, adattabile, concreta. Molte persone oggi soffrono di stress, disturbi del sonno, infiammazioni. L’Ayurveda risponde con gesti quotidiani: un’alimentazione più attenta, l’uso di spezie ed erbe, la cura dei ritmi e della stagionalità. Non propone ricette uguali per tutti, ma vie personalizzate verso l’equilibrio.
Se dovessi racchiudere la tua essenza in una sola frase, quale sarebbe?
“Ritrova il silenzio, ascolta il corpo. Ogni respiro è un ritorno a casa: da lì inizia il cambiamento.”